Gennaio 1945 la battaglia di Tarnova della Selva

Annamaria Crasti responsabile Anvgd di Milano (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) per i rapporti con le scuole, nell’articolo qui sotto, che ringraziamo per la gentile concessione, descrive i fatti salienti che caratterizzarono la battaglia di Tarnova, scontri che si verificarono tra il 19 ed il 21 Gennaio 1945 a Tarnova della Selva all’epoca provincia di Gorizia ora parte della Slovenia.

Dalla metà di Gennaio del 1944 la X Flottiglia MAS era presente a Gorizia, dove gli sloveni collaboravano con i Tedeschi. La X MAS era un unità speciale della Regia Marina Italiana, il cui nome derivava dalla numerose imprese belliche sia di assalto e incursioni effettuate, si era costituita molto prima della Repubblica Sociale Italiana, quest’ultima conosciuta anche con il nome di Repubblica di Salò, nata tra il Settembre 1943 e l’Aprile 1945.

La X Mas fin dalla sua nascita rivendicò la propria autonomia operativa, nei confronti dell’ Esercito al comando del Generale Rodolfo Graziani (Filettino 11 Agosto 1882 – 11 Gennaio 1955), quest’ultimo personaggio di spicco, che accettò da Mussolini l’incarico di Ministro della Guerra nella nascita della Repubblica Sociale. L’autonomia di agire della X Mas provocò attrito tra Benito Mussolini ed i comandi tedeschi, ed ebbe i suoi effetti soprattutto nella Venezia Giulia, che rientrava nella zona di operazioni del Litorale Adriatico.

In questo contesto si inserisce la figura del Comandante Valerio Borghese, (Roma 6 Giugno 1906 – Cadice Spagna 26 Agosto 1974), uomo dal profondo amor patrio e da un indiscutibile stile militaresco, ufficiale della Regia Marina entrò nella Decima Mas assumendone il comando, diventò famoso per le audaci imprese sostenute nel Mediterraneo. Aderì alla Repubblica Sociale, per questo fu condannato a 12 anni di reclusione per collaborazionismo con i nazifascisti, ma il reato di collaborazionismo fu estinto con l’amnistia firmata dall’allora ministro di Grazia e giustizia, Palmiro Togliatti, il 22 Giugno 1946.

Valerio Borghese era ben consapevole che, dopo il cedimento delle truppe tedesche, a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria, il vuoto lasciato dai tedeschi sarebbe stato colmato dalle truppe di Tito, che, ancora una volta, avrebbero infierito sulle popolazioni inermi e rivendicato quelle terre alla Jugoslavia.

La tensione si accentuò quando tedeschi e Domobranci (formazione collaborazionista nazista di miliziani quasi tutti volontari formatasi in Slovenia nel Settembre 1943, scopo contrastare l’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia) intimarono di ammainare il tricolore che sventolava sul pennone della caserma dei Marò. Il reparto che presiedeva la caserma era il Battaglione Fulmine formato da ex Bersaglieri al quale vengono aggregati anche i “Volontari di Francia”, un reparto formato da figli di emigranti nati e cresciuti in Francia, arruolatisi dopo l ‘8 Settembre per riscattare l’onore della Patria che mai avevano conosciuto.

Questi giovani appartenenti al Battaglione Fulmine combatterono a Tarnova nella Selva sacrificandosi per l’italianità di Gorizia. Lo scontro si accese quando le forze titine cercarono di distruggere il presidio fascista a Tarnova della Selva. Lo scontro si accese all’alba del 19 Gennaio, le truppe jugoslave iniziarono la battaglia con l’intento di non lasciare superstiti.
I Marò si resero conto di trovarsi in una situazione disperata, erano a corto di armi, cercarono di rinforzare le postazioni con le mitragliatrici, lavoro reso difficoltoso dal terreno gelato.

Il IX Corpus jugoslavo, a corto di rifornimenti e preoccupato dell’arrivo degli italiani decise di attaccarli prima che potessero rinforzare le posizioni occupate. Non solo brigate slovene, come la Kossovel, circondarono i Marò ma anche quelle italiane Piccoli Buozzi e Triestina.

All’alba del 19 Gennaio le truppe jugoslave iniziarono la battaglia con l’intento di non lasciare superstiti. Al secondo assalto i titini riuscirono ad impossessarsi dei bunker esterni; troppo tardi i Marò si resero conto che l’attacco era preordinato; così lanciarono l’allarme a Gorizia, ma i soccorsi furono tardivi e vanificati dalle avanguardie del IX Corpus. Verso sera la battaglia cessava.

Con il buio i Marò riuscirono a riconquistare le posizioni perdute. Il 20 Gennaio, di primo mattino, le truppe jugoslave ripresero a combattere col supporto di cannoni e mortai riuscendo a penetrare nelle linee italiane. Il fuoco continuò per tutto il giorno e, a sera, i titini raggiunsero l’abitato di Tarnova.

I superstiti del battaglione Fulmine, costretti nelle case e nelle stalle ancora non occupate dagli slavi, tentarono una resistenza in attesa dei soccorsi, purtroppo molto lontani. Ogni tentativo di raggiungere gli assediati fu vana a causa del gelo.

Il 21 Gennaio la situazione era insostenibile. Metà dei Marò erano stati uccisi o feriti. Via radio fu dato ai superstiti il permesso di abbandonare il presidio anche se significava abbandonare i feriti alla ferocia titina. La nebbia permise a 86 Marò di aggirare una brigata jugoslava e di abbandonare il paese; nel bosco furono intercettati da una pattuglia tedesca. Ben 48 Marò non riuscirono a fuggire, si rinchiusero in due ridotte, già minate, pronti a combattere fino alla morte.

I battaglioni della X MAS lanciarono un attacco per permettere ad una colonna formata da tedeschi e dal battaglione Valanga di entrare nel villaggio e mettere in fuga le truppe jugoslave sfinite dalla battaglia.

L’abitato di Tarnova, in fiamme, fu abbandonato e la colonna si diresse verso Gorizia, mentre altri battaglioni di Marò disturbavano e mettevano in fuga il nemico.

Alla sera tutto era finito. A Tarnova le truppe italiane non fecero mai ritorno, se non per riesumare i corpi dei caduti. Ma le truppe jugoslave erano, di nuovo, lontane da Gorizia.

Vi entreranno nei primi giorni di Maggio, deporteranno 1,560 persone. Di queste molte centinaia non si seppe più nulla.

Condividi:

Related posts